4.7.07

LA FESTA RIONALE

Ogni comune, paesino o frazioncina di campagna che si rispetti ha la sua sagra, una sua festa rionale o “happening” locale che dir si voglia.
Tali eventi si svolgono sempre in prossimità di più o meno rinomati ruderi (rocche , castelli e torri varie) e sono puntualmente sponsorizzate e finanziate da sindacati, partiti politici e ammennicoli vari che le deturpano con le loro bandierine colorate (CISL , WIL, CGIL, BMP, TIFF E JPG), nonché rallegrate dalla presenza di nostalgici cantautori (per lo più imbalsamati) politicamente orientati a sinistra che commemorano e rimpiangono i “bei tempi andati “con le loro deprimenti ballate sugli anni 60 ( "c'eran le bombe! C'eran le bombe..." ).

Voi, (arruolati dall’amico di turno) arrivate implotonati nella solita auto dopo aver fatto una coda di 3 ore sull’autostrada , bloccati nel traffico da simpatiche famiglie felici che rientrano, partono o semplicemente stazionano nel bel mezzo della A11 con cani, bambini e mutuo a seguito e la prima cosa che vi riproponete quando giungete in loco è trovare la famigerata Rocca (o Torre/castello che sia) confidando sulla solerte segnaletica locale.

Superfluo dire la suddetta segnaletica parli più o meno di tutto (del bar di Gigi, del benzinaio e dell’immancabile Centro commerciale STEFANEL…) ,ma non della Gloriosa e storica ROCCA.

Ricorrete pertanto alla proverbiale gentilezza e disponibilità locale e vi recate a acquisire informazioni dagli indigeni locali.

Appena scesi dall’auto notate che il luogo è letteralmente desolato, e che (eccetto gli sporadici cespugli di erba del deserto stile western) non si vede anima via.
Vi inoltrate quindi per strade e viuzze finche incontrate nell’ordine:
le vecchine stordite dal caldo a passeggio in compagnia della calura e del Marchese Parkinson.
Gli anziani signorotti locali che vi scrutano in compagnia di Lord Alzheimer e l’immancabile slavo che è l’unico in possesso delle sue facoltà mentali ,ma non sa un cazzo del posto.

Le vecchine fuggono alla vostra vista gridando “PENITENZIAGITE!”.
Gli anziani del luogo vi scrutano sputando sull’asfalto incandescente e in generale vi rispondono dicendovi: “La Rocca? Qual Rocca?”

Il che considerato che il paese conta 345 anime ed è grande quanto un campo da calcio è quantomeno curioso.

Ecco quindi che vi ritrovate a spiegare con dovizia di particolari la presunta ubicazione della rocca e le sue valenze storiche.
“Ma quella Vecchia o quella nuova?” vi chiede l’anziano indigeno aggiustandosi i cappello di paglia e guardandovi con aria diffidente.

Per identificare la Rocca giusta vi occorrono i successivi 40 minuti, una buona parte del vostro equilibrio mentale , nonché l’ascolto di circa 20 minuti di aneddoti sulla figura di Sgozzagallo (signorotto medievale del posto) e sulla leggenda del pozzo maledetto, la torre incantate o qualsiasi altra leggenda del posto.
Dopodichè vi arrampicate su improbabili sentieri fino ad arrivare alla famigerata costruzione medievale.
La ROCCA si presenta imponente, massiccia nella sua granitica consistenza e tutta colorata da bandierine rosse e bianche con la scritta CGIL che ne umiliano e sviliscono la bellezza.
La fauna locale in compenso è ancora scarsa ,ma già distinguibile in:

famiglia e parenti vari di matrimonio di turno.
Con lei già incinta e sudata e lui con aria spallata da “chi cazzo me lo ha fatto fare” che si arrampicano sulle mura per foto ricordo che bruceranno tra due anni in tribunale.

Bambini sudaticci indigeni che corrono e si arrampicano sulle suddette mura cercando di disarticolarsi braccia e gambe nell’impresa.

Amici e colleghi del vostro amico che sono intervenuti a dargli man forte nell’evento che lo riguarda.

Ogni sagra, festa o ricorrenza locale ha infatti la peculiarità di ospitare un autore, un creativo o derivati vari che si adopererà per pubblicizzare il suo libro, racconto, fumetto, saggio sulle leggende locali di Sgozzagallo o raccolta di foto commemorative della mietitura dl ’42.

Nel caso specifico (ovviamente) il vostro amico rappresenta l’ultimo anello della catena alimentare della fascia creativa ed è (udite , udite) un autore e disegnatore di fumetti.

Ed ecco quindi che per la prima volta non vi è imbarazzo o indecisione alcuna nel trovare la strada giusta poiché già a 300 metri di distanza individuate la fauna tipica adi tale patologia.

Quello obeso con ragzza obesa.
Quello brutto con ragazza inguardabile, quello vecchio che si veste come un dodicenne con la magliettina del proprio personaggio preferito ed in generale la processione tipica che può condurre solo a Lourdes o ad un incontro di fumetto.

Appena arrivati scatta il consueto scambio di convenevoli.
Baci sulle guance (per i più espansivi) stette di mano mascoline (o mollicce a seconda dei tpi), pacche sulle spalle e irrilevanti conversazioni della serie:
“come stai?”
“come te la passi?”
E il sempre inossidabile “come è stato il viaggio, ci hai trovato facilmente?”

A cui segue la meticolosa descrizione dell’odissea dell’intervistato che ( a memoria d’uomo) non ha mai compreso il concetto di “domanda retorica”.

A ciò segue il vortice delle inutili e superflue presentazioni che il vostro limitatissimo Hard disk tende subito a cancellare in temporale, mentre la vostra (squallida ) mente si dedica a guardare il culo dell’unica carina che si aggira come se fosse un’aliena precipitata nell’isola del dottor Moreau.

Finita questa inevitabile fase si creano i tipico capannelli individuali , all’interno dei quali ognuno espone ad altri le sue verità, le sue opinioni e le sue idee su cose a cui (di solito)al l’altro non potrebbe fregare di meno.

Tale fase è definita : “FASE DELL’ANNUIZIONE”

Poichè osservando tali capannelli si nota subito che uno parla e l’altro annuisce ,mentre sullo sfondo le reciproche compagne iniziano lentamente ad avvizzire e a scivolare verso il suolo.

Tale fase di conoscenza e reciproco studio (detta anche ANNUSAMENTO) prosegue anche per mezz’ora, i tutto mentre scazzati addetti al suono e facchini vari montano il palco per il nostalgico e narcolettico cantautore che (con l’ausilio di un catetere) vi rallegrerà la serata in cambio di un fiasco di vino.

E se udrete una voce dall’alto che dirà “sa, ssa, SAAAA!” non starete avendo una rivelazione divina ,ma è solo l’emaciato e scarno tecnico del suono che sta provando il microfono.

A questo punto (proprio quando vi siete conquistati un fottutissimo posto all’ombra di un ulivo , comodamente seduti su una poltroncina di plastica) il vostro agitatissimo e comunicativo amico esclamerà:

“che ne dite di andare a vedere la mostra?”

Perché che si tratti delle presentazione di un libro, di un fumetto o della celebrazione della 1564 ricorrenza di ‘sticazzi, c’è sempre una mostra.
Organizzata gentilmente da Pinco, con il patrocino, di Tizio e sponsorizzata dalla Cassa di Risparmio di Sempronio, più bandierine varie cgil , cisl ,wil, bmp ecc. ecc.

E dopo 4/5 esortazioni del vostri amico (a seconda di quanta adrenalina ha in corpo e di quando sono abbacinati dal caldo gli altri) ecco che l’allegra comitiva si muove…
Pigramente, lentamente, per lo più trascinandosi, sotto l’implacabile canicola estiva, con le ragazze al seguito che arrancano sul terreno acciottolato o con quelle (poche) carine tenute prudentemente “sotto mano” dai fortunati “proprietari.

La mostra è sempre allestita nel locale principale della Rocca stessa , nella sala dello Sgozzagallo e qui , (guidati dall’orgoglioso organizzatore locale) si può ogni volta assistere alla peggiore esibizione di senso estetico ed espositivo.

La “Mostra” consta generalmente in povere riproduzioni sbertucciate già utilizzate in infinte sessioni precedenti, fotocopie ingiallite appuntate con puntine e originali ritagli di giornale dell’epoca.

I visitatori si addentrano con aria fintamente entusiastica mentre si scambiano reciproche occhiate in bassa frequenza.

Lei: “dove cazzo mi hai portata. Te lo avevo detto che era meglio il mare”
Lui: “tanto in costume stai di schifo e poi ti bruci sempre.”

La visione della mostra (accompagnata dal rito delle foto e delle moderne riprese cineamatoriali digitali) prosegue nel rinnovato scambio di futili informazioni (“è vero che i fumetti li fate a mano?") e nella celebrazione dell’immancabile finto giornalista (che pubblica sul Giornaletto della Coop) che scodinzola intorno all’autore tipo barboncino gay.

E’ a questo punto che (grazie a dio e alla fisiologia umana) la natura fa il suo corso e le pance reclamano il loro meritato tributo e qualcuno grida “andiamo a cena!”

La "Cena” (così eufemisticamente definita dagli organizzatori gemellati cisl ,wil ,cgl) è ovviamente in pizzeria , dove si viene intruppati in una tavolo da 50 persone, collocati nel bel mezzo della tavolata, con l’immancabile gamba del tavolo che vi beccate, una invadente pianta urticante alle spalle e una vecchia rincoglionita al fianco che borbotta “io non ne capisco di queste cose …pensavo che li facessero a mano”.“Eppure tu all’epoca di cose fatte amano te ne dovevi intendere” pensate mentre guardate i menù.

La fantastica offerta che la cgl vi propone per 5 semplici e miseri euro è una mirabolante combinazione PIZZA , coca cola/birra , coperto + acqua.
La scelta della pizza è ovviamente individuale ed ecco apparire l’immancabile cameriere psicotico che sfoggia una folta capigliatura da divetta di cui smuove e aggiusta ciocche con fare nervoso.

“Allora?!” squittisce il cameriere come una visagista impazzita.
“Che cosa vi portoooo?” chiede starnazzando e qualcuno giurerebbe che si stia aggiustando il tanga sotto i pantaloni con l’irreprensibile piega.

Segue il delirio di ordinazioni che come sempre spazia dai BANALI A VITA (per cui il massimo dello sballo è la mozzarella di bufala) agli ORIGINALI O MORTE quelli cioè che devono prendere per forza l’immancabile pizza strana che ogni sagra e sagretta ha sempre.

La stracciaformaggi con senape.
La Quattro regioni con trifolato di VANADIO PALLADIO.
Il Calzone di Sgozzagallo.
E (data la situazione) la pizza CGIL fatta (parola del cameriere visagista)con un po’ di tutto.
(Leggi: gli avanzi).

A queste categorie se ne aggiungono due perniciosisime:

I CURIOSI che devono sapere per forza se la pizza è cotta nel forno elettrico o a legna, se è fatta a mano o surgelata e se il pizzaiolo è cancro o Vergine…

GLI “ A PARTE” che non vogliono una pizza qualunque ,ma personalizzata…
col crudo ,ma senza mozzarella, con la rucola, ma solo ai bordi, con salamino ,ma non piccante, col cotto ,ma solo se di produzione propria, non ammazzato con un chiodo in testa ,ma indotto al suicido volontario.

Il che ci porta alla VEGETARIANA/O che non mangia carne e che prende la pizza solo a patto che gliene facciano una di plastica senza glutine o al NON POSSO MANGIARLA , colui/lei cioè che sta male, è malato , non si sente, e quindi :

A)non può mangiare pasta.
B)Non digerisce pasta.
C)Non può bere acqua se non piovana.
D)Odia il pomodoro e se tocca la mozzarella esplode.

Per quest’ultima categoria il cameriere visagista prepara un piatto a parte, preparato per la bisogna con fette di melone e prosciutto fresco su cui (ci potete scommette) sputa prima di portagliela.

Il tutto annaffiato da abbondanti bevande annacquate all’inverosimile all’insegna del “la cgl tutela i lavoratori ,ma non stasera.”

E nell’attesa (interminabile)che vostra sudata pizza arrivi si fa conversazione.
Si guarda le compagne dei vari commensali accasciarsi e svenire sulla tavole e si ascoltano aneddoti e storie vissute di disegnatori, scrittori, pittori ed altri morti di fame vari che non supereranno il prossimo inverno.

Poi (dopo circa57 minuti di attesa) arrivano la tanto attese pizze.
Margherite, 4 stagioni, Napoli, cgil ecc ecc. ,variopinte e profumate , nonché tutte appartenenti alla categoria Pizze veline e con uno spessore infieriore agli 0,003 millimetri, talmente friabili ed inesistenti che perfino le vegetariane anoressiche di turno non ne eliminano il bordo esterno facendo improbabili ricami.

Le pizze vengono divorate con feroce velocità, dopodiché i commensali restano ad osservarsi mandandosi messaggi in bassa frequenza di questo tipo “ci sarà almeno il dolce o il caffè?".
Inutile dire che non c’è i dolce e manco il caffe e che perfino la sconsiderata proposta di farsi portare un’altra pizza (pagandola s’intende) viene accolta dal cameriere visagista come una sorta di attacco mestruale di stizza .

I commensali si rialzano quindì pigramente dal tavolo e già il vostro amico (come una metresse impazzita) è a capo della comitiva esortandoli a seguirlo “al nostro STAND!!!!”

Sì. Perché ogni fiera e festa rionale che si rispetti ha i suoi stand.

TRIBALI.
Del terzo mondo con la vendita di pezzi di legno storti colorati la cui vendita sarà a favore delle popolazioni per scavare un pozzo non si da dove.

IMPEGNATI.
Comelo spazio libro con titoli avvincenti “l’avventura del giovan Mumbutu” e “impollinazione artificiele delle begonie”.

CASERECCI l’angolo del tortello si Sgozzagllo (il più gettonato).

NOSTALGICI dove i bambini fissano attoniti riproduzioni di giochi arcaici fatti in legno , con cavi e funi ed altro oggetti di provenienza paleolitica (ma che fa tanto trandy…).

Ed infine CREATIVI.
Dove ovviamente trovate il vostro amico che intrattiene il pubblico commentando il proprio libro, elargendo poesie o (nel caso specifico) disegnando per il pubblico acclamante.

Superfluo dire che in ogni caso il pubblico acclamante è formato per lo più da parenti, amici, colleghi e casi clinici vari che seguono l’autore e lo tampinano da anni per avere copie autografate, disegni originali, stralci di lettere, ciocche di capelli e campioni di dna.

E mentre la sera cala e la festa si riempie ecco che sul palo compare il cantautore nostalgico di cui abbiamo già parlato ,che comincia ad imbonire il pubblico narrando quanto era fico ed impegnato vivere negli anni sessanta/settanta e quanti invece gli sta sulle palle mediaset.

Ovviamente gli aneddoti scivolano anche sul sociale, sul creativo e su ogni altra cosa purchè targata rigorosamente ’68 o giù di lì e nello specifico della serata si parla di fumetto e quindi :

di quanto era figo Pratt. Di quanto era alternativo Bonvi e di quanto era bravo Pazienza .


Tutti fighi e anche un po’ morti.

Due requisiti indispensabili , dopodiché si fa una bella cantatina in coro su qualche allegra musichetta impegnata con cui ci stanno strucidando le balle da 30 anni…

“c’eran le bombe, c’eran le bombe…”

Dopodiché il nostalgico sessantottino rimonta sul suo SUV ad alto inquinamento e se ne torna nella sua nella villa ricavata dal convento di suore scalze che si è lavorato bene ben per avere a buon prezzo , il tutto col benestare del governo di destra che cera in quel periodo.

“c’eran le bombe, c’eran le bombe”.

E la festa?

Volge al termine….

Mentre le ragazze scivolano definitivamente a terra diventando humus per la stanchezza e mentre gli improbabili partner mal vestiti (tutti con camice a quadri tipo tovaglie) succhiano l’ultma sorsata di perle di saggezza del loro idolo/autore e mentre ogni altra cosa scivola nel limbo della notte….ognuno ritorna alla propria auto con il suo hard disk pieno di foto e di teneri ricordi che un giorno rivedrà al suono di…

“c'eran le bombe, c'eran le bombe….”.